lunedì 23 dicembre 2013

Quando il film è più bello del libro #1 [Il canto di Natale]

Cari pagemasters, in occasione del Natale imminente ho pensato che un post a tema fosse d'obbligo, quindi oggi niente Orrori, solo una mia esperienza personale.

Ebbene, non è un fenomeno molto diffuso ma può capitare. Duole ammettere che a volte il film è più bello del libro.
Non so quanti di voi lo conoscano ma, se siete della mia generazione, sicuramente avrete visto il Canto di Natale di Topolino. E se l'avete visto non potete non amarlo.
Quando ero una piccola bambina adorante di Topolino, ricordo che la mia mamma aveva un libro intitolato "Racconti di Natale" di Charles Dickens. Non so più come ottenni l'informazione, ma scoprii che quel libro conteneva la storia originale da cui era tratto il Canto di Natale di Topolino. Probabilmente già a sei anni bisognava capire che in me qualcosa non andava, perché fiduciosa presi in mano Dickens. Forse lessi le prime tre pagine, prima di mollare tutto sconfitta. A distanza di circa diciassette anni ci ho riprovato: dopo una vita che mi ripromettevo di farlo, quest'anno ho finalmente ripreso in mano il mio amato/odiato Dickens. E devo ammettere che, nonostante siano solo 63 pagine, la tentazione di mollare tutto un'altra volta è stata fortissima.
Partiamo dall'aspetto diacronico della faccenda. Il romanzo è datato 1843 e io ho scoperto di essermi imbattuta, entrambe le volte, nella traduzione di Federigo Verdinois del 1888. Non so se esistono traduzioni più recenti, ma siccome ho letto questa mi baserò su questa. 
Il primo motivo per demordere arriva dalla lingua. Forse non tutti sanno che le evoluzioni linguistiche dell'italiano e dell'inglese hanno attraversato fasi diverse, forse perché l'inglese come lo conosciamo oggi è stato stabilito come lingua ufficiale del paese prima di quanto non sia accaduto col nostro italiano attuale. Quindi, per capirci, è più semplice leggere oggi un testo inglese del 1800 che un testo italiano dello stesso periodo.
L'italiano usato qui è vecchio di 125 anni e, seppur comprensibile, rende difficilissima e innaturale la lettura. Questo è senza dubbio il primo ostacolo da attraversare, insormontabile per una bambina di sei anni ma non per una di ventitré (esatto, bambina, avete letto bene! problemi al riguardo?) Ma ovviamente non si può fare una colpa al traduttore, ai suoi tempi era così l'italiano scritto. [Tra l'altro ho scoperto che era un traduttore coi controca**i, ha tradotto anche Shakespeare, Wilde, Dostoevskij, Tolstoj, Hugo e Wagner, tra gli altri, quindi non era esattamente l'ultimo scemo che passava di lì. Giusto a titolo informativo.]
Superato il primo ostacolo, comunque, incontriamo il secondo. La narrazione. Dickens è pur sempre Dickens e, se avete pensato (come me, ingenuamente) che il Canto di Natale fosse più leggero, vi comunico che siamo degli stolti. Ho trovato la lettura noiosissima, sebbene la storia sia più ricca, e ammetto che ancora a tre pagine dalla fine ho quasi ceduto alla tentazione di mollare, ma ho tenuto duro!
Dunque, complice l'italiano ottocentesco e la mano pesante di Dickens, sono rimasta delusissima, aspettandomi che il libro mi avrebbe riempita di meraviglia come Topolino. Quindi ho imparato una lezione: niente riempie di meraviglia più di Topolino, ricordatevelo.
Qualche parola, quindi, per elogiare la Disney. Intanto è stato geniale far impersonare Scrooge a Paperone [be', chi altro avrebbe dovuto essere? Il nome originale di Paperone è Scrooge non a caso] e non potete capire quanto ci sono rimasta male scoprendo che il vero Scrooge non conta le monete a pile come nel cartone, né rinfaccia l'affitto da pagare alla sua bella nella scena del passato. Un punto a sfavore di Dickens.
Pippo/Marley è qualcosa di fenomenale, solo lui sotto forma di fantasma riesce a inciampare nella sua stessa catena, senza parlare ovviamente del fatto che non sia per niente spaventoso come dovrebbe essere, ma Pippo è Pippo :D
In ultimo, ho scoperto che la mia scena preferita nel libro non c'è: Scrooge porta i giocattoli alla famiglia di Topolino/Cratchit per terminare col piccolo Tim e il suo "E che Dio ci benedica tutti quanti". Nel romanzo Scrooge manda un tacchino alla famiglia, senza firmarsi: troppo impersonale.

Per concludere consiglio a chi non l'ha ancora fatto di guardare il Canto di Natale di Topolino, e vi lascio alcune delle frasi più esilaranti che ho trovato, una per strofa per par condicio.

Strofa Prima
- Ma voi, zio, non siete mai venuto a trovarmi prima. Perché mo’ vi appigliate a cotesto pretesto? [Uè, mo' u facissi? Avaia, zio!]

Strofa Seconda
- Spirito! - disse Scrooge, - non mostrarmi altro! Menami a casa: Perché ti diletti a torturarmi? [Menami... a Scrooge non piace farsi picchiare in pubblico.]

Strofa Terza
- Bene, bene! Adesso che ci sei, non importa, - disse la signora Cratchit. - Mettiti un po’ qui al fuoco, cara, datti una fiammatina, che il Signore ti benedica! [Gente che cerca il suicidio per combustione.]

Strofa Quarta
- Se c’è da rifocillarsi, non dico di no, - osservò il signore dall’escrescenza. - Se ci vengo, mi s’ha da nudrire. - [Di brego, nudrimi, ber garidà.]

Strofa Quinta
- Fossi grullo! - ribatté il ragazzo. ['he sei proprio un bis'hero!]

Buon Natale e buone feste!


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